Waze e l’effetto spettatore
Studiare come cambiano le motivazioni e i comportamenti delle persone in un ambiente virtuale è alla base dello studio delle scienze umane oggi: quante volte ci siamo interrogati su come definire i comportamenti umani a contatto con un mondo partecipativo, globale eppure ancora così irrimediabilmente virtuale?
Partiamo dalla beneficenza: la motivazione degli utenti a contribuire a una causa nel mondo fisico dipende da ciò che viene definito “altruismo impuro”: la partecipazione è fortemente influenzata dalle motivazioni di un individuo per il riconoscimento pubblico. Partecipare a una raccolta fondi o a una manifestazione di solidarietà, spesso, è intrisa di questo tipo di fattori psicologici che sono impossibili da ignorare quando si cerca di organizzare un evento basato sulla partecipazione e il supporto collettivo.
Secondo un recente studio, la stessa cosa avviene anche in ambienti virtuali: un team di ricercatori ha condotto delle ricerche su un campione di persone, prendendo come ambiente di riferimento l’app Waze. Waze è ormai da un decennio un’app di mappe che dà la possibilità agli utenti di segnalare deviazioni sulle strade a lunga percorrenza, tratti particolarmente trafficati, incidenti, imprevisti del percorso, cosa che ad esempio Google Maps fa in automatico calcolando i tempi di percorrenza delle vetture tramite geolocalizzazione, mentre su Waze si basa sulle segnalazioni degli utenti.
Il team di ricercatori ha scoperto che quando la partecipazione degli utenti è molto alta, è più difficile che nuovi partecipanti alle segnalazioni arrivino a fornire la propria testimonianza. Come se, quando una causa – in questo caso, ad esempio, un ingorgo creato da un incidente – di interesse generale è già presidiata da un nutrito numero di persone, la motivazione personale al fornire il proprio aiuto si indebolisca gradualmente.
Lo studio nello specifico scopre che la visualizzazione della “densità” delle attività degli utenti su Waze, ovvero le informazioni in tempo reale su quante persone sono sull’app nella propria posizione geografica, potrà scoraggiare la partecipazione di altri nell’area, e questo accade anche nel mondo reale: basta pensare a quanto poco siamo motivati a donare il sangue quando vediamo molte persone in fila per fare la stessa cosa.
In psicologia questo meccanismo psicologico ha un nome preciso: si chiama effetto spettatore ed “è un fenomeno della psicologia sociale che si riferisce ai casi in cui gli individui non offrono alcun aiuto a una persona in difficoltà, in una situazione d’emergenza, quando sono presenti anche altre persone.” Sempre da Wikipedia: “La probabilità d’intervento è inversamente correlata al numero degli spettatori. In altre parole, maggiore è il numero degli astanti, minore è la probabilità che qualcuno di loro presterà aiuto.”
L’effetto spettatore ha un impatto su diversi momenti della nostra vita, partendo dalle cause di interesse pubblico, passando per la partecipazione alla vita politica della propria comunità, fino alla dimensione personale in cui si verifica insieme a una serie di variabili tra le quali l’ansia sociale.
Sembra scontato quindi che in un mondo in cui trascorriamo le nostre giornate costantemente con lo sguardo su tutto il mondo attraverso tecnologie che vivono dell’intervento attivo di pochi a fronte di una fruizione passiva di tantissimi, una chiamata alle armi come può essere la segnalazione di un incidente, o la partecipazione a un sondaggio, possa farci sentire inutili e non necessari alla causa.